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APPROFONDIMENTI

OPERATIONS EXCELLENCE

ELENCO DEGLI ARTICOLI

La funzione OPERATIONS (parte prima)

26 OTTOBRE 2023

In azienda rappresenta la funzione più complessa da gestire ed è l’area che maggiormente contribuisce al valore aggiunto. La sua gestione è particolarmente complessa perché…

LEAN MANUFACTURING secondo Jeffrey K. Liker

14 NOVEMBRE 2023

La Lean Manufacturing, nota anche come Toyota Production System (TPS), consiste nel modello di organizzazione e gestione della produzione sviluppato in Giappone dalla Toyota Motor Company…

Il ruolo dell’INNOVATION MANAGER in azienda

IN FASE DI PUBBLICAZIONE

La funzione OPERATIONS (parte seconda)

IN FASE DI PUBBLICAZIONE

La funzione OPERATIONS

26 OTTOBRE 2023 – PARTE PRIMA

In azienda rappresenta la funzione più complessa da gestire ed è l’area che maggiormente contribuisce al valore aggiunto. La sua gestione è particolarmente complessa perché i processi che qui si svolgono sono estremamente interconnessi e interdipendenti, richiedendo il rispetto di numerosi vincoli e condizioni al contorno sia all’interno che all’esterno dell’azienda.

Deve garantire il raggiungimento di numerosi obiettivi, talvolta contrastanti. Tra gli obiettivi principali ci sono innanzitutto i requisiti del cliente contenuti nell’ordine d’acquisto ed il rispetto di tali requisiti da parte dell’azienda (la famosa “promessa al cliente” riportata nella conferma d’ordine) è strettamente correlato alla reputazione sul mercato, al ricevimento di nuovi ordini e, in definitiva, ad un buon andamento del business. Per questo motivo viene data assoluta priorità al rispetto delle richieste contrattuali contenute nell’ordine, garantendo così la completa soddisfazione del cliente in termini di: rispetto dei tempi di consegna promessi al cliente, rispetto delle quantità promesse al cliente, rispetto del livello di qualità attesa dal cliente.

Questo è ciò di cui si occupano principalmente le operations. Oltre che mantenere i processi sicuri, efficienti e sostenibili.

MA COSA SONO LE OPERATIONS?

Le operations possono essere definite in vari modi, ma la definizione più comunemente accettata la descrive come “funzione aziendale che comprende tutti i processi coinvolti nella creazione fisica del prodotto finale, dalla ricezione di un ordine di acquisto dal cliente fino alla consegna della merce“.

Nello specifico, quali sono i processi coinvolti?

Il processo principale, noto come processo primario, comprende il seguente insieme di attività:

o  attività logistiche INBOUND, che sono le attività di supply chain che comprendono l’organizzazione e la gestione dell’acquisto, dell’arrivo e dello stoccaggio a magazzino delle materie prime, oltre che la gestione delle attività in outsourcing; 

o  attività produttive, ossia tutte le attività di lavorazione e assemblaggio che portano alla creazione di un prodotto finito;

o  attività logistiche OUTBOUND, cioè le attività di supply chain che coinvolgono l’organizzazione e la gestione dei prodotti fabbricati, dal loro scarico fisico e contabile a magazzino fino alla spedizione al cliente finale.

Le attività del processo primario sono organizzate e costantemente monitorate dall’ente di pianificazione e controllo. Questo ufficio rappresenta il cuore pulsante e “torre di controllo” della funzione, dove vengono centralizzate tutte le informazioni provenienti dal campo e viene monitorato l’intero processo primario. Soprattutto, qui si prendono le decisioni e si gestiscono tutti gli imprevisti.

In altre parole, è il luogo in cui si generano i risultati finali della gestione.

TUTTO PARTE DALLA PIANIFICAZIONE

Il principale strumento di gestione è il Master Production Schedule (MPS), documento strategico che specifica quanto e cosa dovrà essere prodotto nel periodo di riferimento. Una volta verificata la sua fattibilità, questo documento serve come linea guida per gestire il processo logistico di approvvigionamento (logistica inbound). In poche parole, sulla base dell’MPS si emettono gli ordini di acquisto ai fornitori (materie prime e attività in conto lavoro) e gli ordini di produzione ai reparti di produzione. Senza entrare nel dettaglio sulle modalità di emissione, si richiamano le strategie gestionali di tipo “PULL” (derivanti dall’applicazione del modello LEAN) o di tipo “PUSH” (derivanti dall’utilizzo degli strumenti gestionali MRP/ERP).

Il processo logistico inbound governa anche la gestione del magazzino materie prime. Ciò significa organizzare e monitorare tutti i movimenti fisici delle merci (arrivo al magazzino e successiva ubicazione, picking e spostamento lato linea nei reparti produttivi) e tutti i flussi documentali e informativi.

Il processo di produzione comprende tutte le attività per la fabbricazione del prodotto finito a partire dalle materie prime e consiste in attività di trasformazione (lavorazioni per sottrazione o aggiunta di materiale, trattamenti superficiali, etc..), di assemblaggio (operazioni di giunzione tra elementi) e di verifica dimensionale e funzionale. Il suo scopo è quello di ottenere la piena efficacia nel raggiungimento degli obiettivi fissati (tempi, quantità, qualità) e la massima efficienza nell’esecuzione delle attività (ottimizzazione della manodopera, delle materie prime e dei costi).

Il processo logistico outbound gestisce le attività relative ai prodotti finiti, ossia la loro movimentazione fisica verso il magazzino e la gestione contabile di quanto prodotto. Esegue inoltre della spedizione dei prodotti al cliente finale.

Si conclude così la prima parte. Nella seconda parte di questo approfondimento si descriveranno gli altri processi coinvolti nella funzione operations:

o  processi di assicurazione e controllo della qualità;

o  processi EHS, relativi alla certificazioni dei Sistemi di gestione ambientale e della salute e sicurezza dei lavoratori insieme al monitoraggio delle prescrizioni e degli aspetti legislativi contenuti nelle normative di riferimento;

o  processi di ingegneria industriale riguardanti la manutenzione di impianti e macchinari, l’identificazione e il controllo degli investimenti in capex, l’industrializzazione di nuovi prodotti, il monitoraggio dell’efficienza dei processi, etc..

        

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LEAN MANUFACTURING secondo J.K. Liker

14 NOVEMBRE 2023

La Lean Manufacturing, nota anche come Toyota Production System (TPS), consiste nel modello di organizzazione e gestione della produzione sviluppato in Giappone dalla Toyota Motor Corporation. Sulla base di questo modello, Toyota è diventata l’azienda più efficiente, più redditizia e con un’elevata qualità al mondo.

I fondatori della TPS furono Eiji Toyoda e Taiichi Ohno (all’epoca rispettivamente CEO e Direttore Industriale di Toyota), due ingegneri che nei primi anni 50′ presso lo stabilimento di Takaoka lavorarono per adattare l’allora modello di produzione di riferimento (il modello taylorista-fordista noto come “produzione di massa”) alle condizioni reali e contingenti del paese. All’epoca, la società e l’economia erano in pieno caos post-bellico e le risorse disponibili in termini di materie prime, di spazi utilizzabili e di capitali erano scarse. Così idearono un nuovo modo di produrre: la Lean Manufacturing.

Il termine venne però coniato solo in seguito, nel 1988 da J. Krafcik, ricercatore americano del Massachusetts Institute of Technology (MIT), ad indicare che la produzione snella è tale perché “usa meno di tutto ed ottiene di più” rispetto alla produzione di massa. In altre parole, utilizza meno manodopera, meno tempo per sviluppare prodotti, meno scorte di magazzino per ottenere una qualità maggiore, una maggiore flessibilità e una maggiore redditività.

Il mondo si rese conto per la prima volta della sua esistenza a seguito della crisi petrolifera del 1973 quando Toyota, in controtendenza rispetto alle altre aziende mondiali, continuava a fare utili. E risale al 1990 la pubblicazione di uno studio condotto da ricercatori del MIT(1) che finalmente dimostrò con chiara evidenza come la produzione di massa era un modello “innegabilmente obsoleto” e che la lean manufacturing fosse invece “un modo superiore mediante cui fabbricare oggetti, superiore perché fornisce prodotti migliori a costi inferiori e con flessibilità più ampia”.

    

TEORIZZAZIONE DEL MODELLO

Nonostante il modello Lean Manufacturing sia nato in Giappone, è stato teoricamente concettualizzato in occidente grazie ai lavori di Womak e Jones(2) e soprattutto di J.K. Liker(3), docente di Industrial and Operations Engineering presso l’Università del Michigan di Ann Arbor. Liker ha ampliato l’orizzonte della sua analisi andando oltre lo studio dei soli processi produttivi per abbracciare l’intera filosofia e cultura dell’azienda Toyota.

Il suo modello si basa su 14 principi generali che, suddivisi in quattro sezioni dedicate alla leadership, alla strategia a lungo termine, alla gestione dei processi ed al problem solving, definiscono l’approccio al business ed al management di quella che è diventata l’eccellenza dell’industria manifatturiera mondiale.

Le quattro sezioni del modello sono:

FILOSOFIA A LUNGO TERMINE

Sezione formata dall’unico principio 1: basare le decisioni di management su una strategia di lungo periodo con al centro la  generazione di valore per il cliente;

IL PROCESSO GIUSTO PORTA RISULTATI GIUSTI

Qui i sette principi legati direttamente alla gestione efficace ed efficiente dei processi (principi da 2 a 8, vedere dopo);

CREARE VALORE SVILUPPANDO LE PERSONE

sezione comprendente i tre principi 9,10,11 relativi alla leadership, alla crescita delle persone appartenenti all’organizzazione e dei partner esterni;

RISOLVERE I PROBLEMI ALLA RADICE IN MODO CONTINUATIVO

Qui i tre principi 12,13,14 relativi alla gestione dei problemi: andare a vedere con i propri occhi, prendere decisioni lentamente e per consenso, applicare il miglioramento continuo Kaizen.

“IL PROCESSO GIUSTO PORTA RISULTATI GIUSTI”

Soffermandoci sulla sezione del miglioramento dei processi, vediamo quali sono in particolare i sette principi identificati da Liker (principi da 2 a 8) che costituiscono la base per creare e gestire processi efficaci ed efficienti:

PRINCIPIO 2:
FLUSSO CONTINUO

creare processi del tipo a flusso continuo per far “affiorare i problemi in superficie” ed eliminare gli sprechi.

PRINCIPIO 3:
SISTEMI PULL

usare sistemi “pull” per evitare sovraproduzione. La produzione si pianifica sulla domanda effettiva di mercato.

PRINCIPO 4:
“HEIJUNKA”

bilanciare il carico di lavoro eliminando le irregolarità e riducendo il numero e la durata dei cambi di setup sulla linea.

PRINCIPIO 5:
“JIDOKA”

costruire una cultura che si ferma per risolvere i problemi, per ottenere la qualità giusta al primo tentativo.

PRINCIPIO 6:
STANDARD

le mansioni standardizzate sono la base del miglioramento continuo e le best practice vanno standardizzate.

PRINCIPIO 7:
CONTROLLi VISIVi

usare controlli visivi perché nessun problema resti nascosto e le persone scoprano subito se sono o  meno in condizioni std.

PRINCIPIO 8:
TECNOLOGIA

usare solo tecnologie affidabili e adeguatamente collaudate che vadano a vantaggio delle persone e dei processi.

NON SOLO ENUNCIATI TEORICI, MA CONCRETI STRUMENTI DI LAVORO

Senza entrare ulteriormente nel modello, è importante sottolineare come ciascuno dei 14 principi elencati da Liker incorpori gli strumenti e i metodi che Toyota ha sviluppato e messo a punto negli anni, traducendo i principi in azioni concrete. Metodi come SMED, 5S, Kanban ed One-Piece Flow sono ormai entrati nel vocabolario gestionale comune e fanno parte della pratica operativa quotidiana di molte aziende.

Una rappresentazione comune del modello Lean consiste in un edificio suddiviso in tre zone: fondamenta, pilastri strutturali e copertura. Se le fondamenta sono la “solide strutture” su cui si basa l’organizzazione aziendale (Kaizen e rispetto delle persone) e il tetto rappresenta i traguardi che l’azienda si prefigge (la soddisfazione del cliente in primis), i pilastri sono gli strumenti e i metodi Lean che consentono all’azienda, partendo dalle fondamenta, di raggiungere il tetto.

Da sottolineare come gli strumenti Lean da utilizzare per migliorare i processi esistenti e per avviare e sostenere la crescita devono essere selezionati e adattati ai valori specifici dell’azienda, alla sua visione imprenditoriale e alle competenze esistenti.

Nei prossimi articoli verranno presentate alcune applicazioni pratiche degli strumenti Lean di base, a partire dalle 5S e dal VSM.

NOTE:

(1)  Nel 1986 fu avviato un progetto di ricerca sull’industria automobilistica giapponese guidato dal MIT di Boston per esaminare i reali vantaggi del nuovo modello di produzione “lean” giapponese rispetto al modello di produzione di massa utilizzato dai costruttori americani ed europei. I risultati di questa ricerca sono riassunti nel testo di J.P. Womack, D.T. Jones, D. Roos “The Machine that Changed the World”, 1990, Macmillan Publishing Company.

(2)  J.P. Womak, D.T. Jones, “Lean thinking: banish waste and create wealth in your corporation”, 1996, Productivity Press. In questo testo prendono forma alcuni principi di base del modello TPS (poi ripresi ed ampliati da JK Liker) che sono: definire il valore, identificare il flusso del valore, far scorrere il flusso di valore, usare logiche pull, puntare alla perfezione.

(3)  J.K. Liker, “The Toyota Way: 14 management principles from the world’s greatest manufacturer”, 2004, Mc Graw Hill.

        

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